Wednesday, 30 July 2008

Da sola in Cina, diario di viaggio ....per scuoriosare prima delle Olimpiadi!!!

Arrivo a Pechino (28/09/2002)Sono appena atterrata all'aeroportodi Pechino. E' tutto calmo e deserto, sembra irrealee anche quando siamo andati a prendere i bagagli erano miracolosamente già sul carrello. E' l'ora del crepuscolo e benché sia settembre mi sembra primavera. Nonostante le lunghe quindici ore divolo e l'ansia che mi assaliva l'impatto con la Cina è stato mite: mi sono sentita leggera come una farfalla pronta a questa nuova avventura. I viali sono percorsi da un viavai di gente, le strade tutto un rincorrersi di biciclette e carretti, gli alberi fioriti si armonizzano con la natura circostante e i parchi sembrano invitarti a delle lunghe e piacevoli passeggiate. Mi sono sentita lontanissima da casa, su un altro pianeta, ma non estranea. E' come se vivessi dentro una cartolina già vista.



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... Esco da casa da sola per la prima volta ed il traffico è caotico. Ci sono taxi, furgoni strapieni di gente, carretti, risciò e il rumore è continuo. Dappertutto ci sono piste ciclabili belle ed ampie.Ai semafori spesso c'è un vigile ausiliario che indossa una divisa di almeno due taglie più grande di un orribile color marrone. Poiché nessuno lo prende in considerazione, si accanisce sempre sullo stesso individuo.

Se devi andare in un posto è bene avere le idee precise e fare gesti chiari: destra, sinistra, avanti, stop e sbuffare per farli correre più in fretta. Salita sul taxi devi avere pazienza e tolleranza. Gli autisti, ingabbiati nel posto - guida, possono fumare, tossire, sputare nella più assoluta indifferenza. Se ne trovi di simpatici, sorridono e ti chiedono da dove vieni. Alla parola- italiano - ti stupiscono con la conoscenza che hanno del nostro paese. Dicono: Ciao, Milan, Lazio, Roma, Totti e qualcuno conosce anche la PIZZA.



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I ristoranti come i negozi di parrucchiere sono pieni di personale. Ti può capitare di essere servita in meno didieci minuti. Ti invitano a sederti davanti a uno specchio e con uno shampoo particolare iniziano a lavarti i capelli, poi ti sciacquano la testa e lì incomincia il bello. Ti fanno un massaggio che parte dal viso e, interessando anche le spalle, arriva fmo alle dita delle mani. E' un susseguirsi di pressioni, tocchi leggeri: dopo ti senti rinata. Se devi tagliarti solo i capelli, se la cavano, ma se desideri qualcosa di più complicato, di occidentale, subentrano delle estenuanti trattative e interpellanze. Il prezzo triplica e in due o tre sono tutti a soppesare, a toccare i tuoi capelli. Trascorse come minimo tre ore, ti congedano con un bicchiere di acqua calda, un bel sorriso, ma sicuramente i più soddisfatti sono loro.



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Oggi mi dicono che è tempo da neve, e se lo dicono loro, i Cinesi, che in fatto di meteorologia non sbagliano mai, sicuramente nevicherà. Ricordo che il 15 novembre, alla TV avevano previsto il cambio di stagione e programmato l'accensione dei riscaldamenti: proprio quel giorno, improvvisamente il tempo è cambiato. La mattina sono uscita indossando vestiti leggeri ma è bastato un acquazzone per abbassare la temperatura. Sono partita d'estatee mi ritrovo a -7.



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Oggi sono agitata perché stasera partiamo per lo Shaxi. Era tutto prenotato ma una delegazione politica ha rischiato di mandarci tutto a monte. Comunque la giornata non è iniziata nel migliore dei modi. Ho avuto un guasto idraulico e mi hanno mandato rozzi individui per ripararlo. Zuppi come pulcini hanno impiegato due ore per riparare il guasto e non mi spiego come abbiano fatto senza chiudere il rubinetto centrale dell'acqua.
Finalmente sono riuscita apartire. Abbiamo affittato un pulmino per portarci alla stazione ovest di Pechino. Siamo tutti carichi ed eccitati. L'edificio maestoso è tutto contomato da luci e colori, sembra un Luna Park. Addirittura c'è il controllo elettronico dei bagagli. Mancano due ore alla partenza, a mezzanotte, e aspettiamo in una enorme sala d'attesa. Saremo circa mille persone e, a guardar bene, ci sono pochissimi turisti e uomini d'affari, bensì molti campagnoli e strani cinesi. Alcuni dormono, altri mangiano, leggono come se fossero nella propria casa. Ovviamente attiriamo subito l'attenzione e anche chi provava a dormire si sveglia. Ci osservano con grande curiosità e qualcuno prova anche ad avvicinarci e a dirci qualcosa, ma noi rimaniamo vigili e attenti.
A mezzanotte ci avviciniamo per salire sul treno, cerchiamo di stare uniti per non perderci, ma da tutte le parti ci strattonano e ci spingono. Ci aspettano sette ore di treno per percorrere circa 400 Km. Le cuccette sono piccole ma pulite, dal gusto stantio e retrò, fiori finti e stampe.
All'alba arriviamo a Datong, la città del carbone. Tutto ricorda che è una città mineraria. Le vie, i palazzi, i volti scuri delle persone. E' una città piatta grigia e polverosa. Mi sembra una cittadina di mare ma in realtà è un centro di due milioni di abitanti. D'ora in avanti ci accompagnerà un interprete e un autista con un pulmino. Appena fuori da Datong ci meravigliano dei tassisti motorizzati che sembrano operai.

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Le grotte sono incastonate in un alto piano di rocce che siriaffaccia sulle miniere dicarbone dall'aspetto polveroso ed arido. Da lontano si scorgono i confini con la Mongolia, si sviluppano per circa 1 km ed ognuna è particolare e caratteristica. All'interno sonoscolpiti Budda di diverse epoche e dimensioni. In alcune, i Budda sono talmente grandi da sovrastare la grotta stessa e i particolari scolpiti nella roccia lasciano senza parole. Il giorno dopo mi sono alzata presto e tento di fare un po' di moto nel parco vicino all'albergo, ma una volta là mi sono trovata una folla compatta di atletici vecchietti concentrati nelle corsette. Mi sono vergognata, era la mia presenza a distrarli ed io al centro dell'attenzione.
Riprendiamo il viaggio ed il paesaggio cambia di continuo. Finalmente arriviamo ad un villaggio al centro del quale si erge una pagoda di legno. Ha moltipiani e per salirli ci vuole un po'di abilità. Da lassù il villaggio ha qualcosa di arabo. E' tutto cos ìeffimero e magico. Ci stiamo avvicinando alle montagne Fang-Sha. L'aria è pulita e fresca ed il paesaggio è verde e collinare. Mentre percorriamo una strada che si snoda tra la montagna, ci appare improvvisamente il tempio sospeso. Sembra un tutt'uno con la roccia stessa ma più ci avviciniamo al tempio e più prende forma la struttura di legno che si integra perfettamente con la parete rocciosa. Sembra impossibile che qualcuno lo abbia costruito in quel punto. All'ora di pranzo, quando anche i pochi turisti se ne sono andati, decidiamo di visitarlo. Attraversiamo un ponte sospeso ed un fiume ghiacciato e dopo una breve camminata che costeggia una cascata, il tempio ci appare di lato. Da lontano sembra immenso, da vicino appare più piccolo e colorato. Man mano che si sale diventa un labirinto e accanto al colore del legno, scorgiamo una miriade dicolori, il turchese il giallo il verde, il rosso. Le stanze sono scolpite nella roccia ed i pali che lo sostengono sono mobili e la veduta è inebriante. Il tempio era un rifugio dei monaci taoisti incerca di pace ed armonia. Come non condividere la stessa sensazione.
Abbiamo rispettato gli orari e ci meritiamo una breve escursione sulla montagna. Il paesaggio è vario. Laghi ghiacciati e templi di varie dinastie, piccole pagode adagiate sulle colline.
Mentre ritorniamo a Datong, la strada provinciale è interrotta e l'autista percorre un'altra strada.Ci addentriamo nei villaggi sperduti che sembrano perduti nel tempo. A parte qualche antenna parabolica hanno poco di moderno, senza riscaldamenti, le strade piene di spazzatura e fuori dalle case molta gente.Finalmente dei bambini che giocano, anzi bambine. Ce ne sono molti e non hanno l'aspetto tondeggiante e stereotipato di quelli di Pechino. Vivono nelle capanne, stanno fuori per la strada, parlano ridono e giocano.Se il nostro pulmino rallenta e prende una buca ci avvicinano e ci osservano tutti in gruppo. Catturo la loro attenzione e sono anch'io a rimanere sorpresa dalla semplicità e dalla miseria di questi bambini.
Allibiti dal nostro aspetto e dal nostro passaggio ci salutiamo a vicenda, provo dal finestrino a parlare ad un bambino"What's your name?"Che stupida a parlare in inglese!Allora lo ripeto nel mio stento cinese. Non capisce ma non stacca gli occhi dai miei. Il suo stupore mi lascia sconcertata.Sono stata forse la prima occidentale vista prima d'ora?.Gli mando un bacio e arrivano pacche sulle spalle.
Non dimenticherò mai quello sguardo e quel sorriso .Penso di aver scoperto qui la vera ed impenetrabile Cina.

1 comment:

rosanna said...

in realtà il post lo ha inserito Elena, che ha vissuto per un anno e mezzo in Cina, in particolare a Pechino, ma che da vera viaggiatrice non si è fermata solo alla grande città
abbiamo deciso di pubblicare questo diario per aprire uno spaccato su un mondo che tra pochi giorni diventerà familiare per milioni di persone grazie alle Olimpiadi 2008 ...